Aritzo

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lunedì 17 settembre 2012

Il Turismo secondo MARC BOYER

Il turismo come attività di tempo libero implica necessariamente il lavoro; viene inventato nell'Inghilterra di fine '700 e non può essere più confuso con il pellegrinaggio (perchè è un viaggio individuale e non richiede sforzi).
Il Turismo va considerato come un "bisogno culturale" ricollegato alla civiltà industriale e correlato alla conquista di altri diritti sociali come il congedo per malattie o ferie. 
Secondo Boyer, non vi è nessun criterio oggettivo che indica ciò che è turistico: lo diviene quando vi è un flusso di visitatori che si rinnova ad opera della "comunicazione turistica" che valorizza certe località e le fa diventare "cose da vedere". Queste ultime variano a sua volta a seconda delle trasformazioni socio-culturali e a seconda del gusto e della sensibilità dell'individuo. 
COMUNICAZIONE, insomma, fulcro della costruzione del flusso turistico. 
Nei viaggi odierni spiccano il "ritorno al passato" e "la rottura della routine" quotidiana.
Questa penetrazione capillare del turismo è avvenuta secondo Byer tramite processi di imitazione di nuove classi sociali alla ribalta nei confronti delle più alte, che via via continuavano ad andare sempre alla ricerca del "nuovo". Le tendenze attuali, invece, inquadrano nei media l'elemento di incidenza maggiore nelle pratiche turistiche. Secondo Boyer, chi si priva del viaggio non lo fa solo per ragioni economiche o di lavoro ma per questione di mentalità e abitudine, che non comporta comunque nessuna frustrazione o demoralizzazione per questo.

(F.M.)

domenica 16 settembre 2012



TRAVELER ALWAYS®
di Francesco Manca
Consulenze turistiche; guida turistica;
redazione mappe, guide e itinerari;
tecnico strutture ricettive/albergo diffuso;
organizzazione eventi culturali e turistici.
ke.manca@yahoo.it 
Via Monsignor Parraguez, 1
09121, Cagliari
Corso Umberto I°, 59
08031, Aritzo (NU)
Tel. 340.0069191
Traveler-always.blogspot.it






Progetto ospitalità “Aritzo-Style”

Data: sabato 22 / domenica 23 settembre – 2012
Alloggio: appartamenti privati (lenzuola / asciugamani inclusi)
Pranzo/Cena : Sa Omo ‘e nonna de bijinau ‘e susu

Programma:
Sabato 22
 - H. 19.00: Arrivo ad Aritzo, ritrovo presso Ufficio Turistico in Corso Umberto I°, 55 e sistemazione negli alloggi.
 - H. 21.00: cena: menù tipico aritzese / prodotti caserecci
Domenica 23
-          H. 8.30 Colazione presso alloggio;
-          H. 9.30 “Visit Aritzo” – tour/itinerario interno borgo (3h circa).
Visita all’Ecomuseo della montagna sarda e del Gennargentu, Carceri Spagnole “Sa Bovida”, Casa Padronale Devilla, Chiesa di San Michele Arcangelo, Chiesa di Sant’Antonio, Murales, Casa del Pittore Antonio Mura, giro del centro storico. Aperitivo presso osteria “Su tzilleri de su Poeta”.
-          H. 13.30 Pranzo presso Sa omo ‘e nonna de bijinau ‘e susu –
menù tipico aritzese / prodotti caserecci
-          H. 15.30 Escursione nelle montagne Aritzesi presso monumento naturalistico “Texile”, successiva presso oasi naturalistica “is bannidoso”, punta “S’Iscova” (da valutare).
-          Successivo rientro ad Aritzo e preparazione per la partenza.

Preventivo(*):
da 10 persone: € 55,00 (tutto compreso).
 (*) Il prezzo si intende a persona, dove è incluso: pernotto/cena/pranzo/visita guidata/ingresso musei/escursioni/colazione.  

sabato 15 settembre 2012

Alla scoperta dei Celti ...





La Bretagna (in francese Bretagne, in bretone Breizh) è una regione nel nord-ovest della Francia, antico stato indipendente, che forma un vasto promontorio verso la Manica e l'Oceano Atlantico. Il suo nome bretone, Breizh, viene abbreviato abitualmente conBZH. La lingua ufficiale è il francese, mentre le lingue regionali sono il bretone ed il gallo.


Si distingue la Bretagna (paese dei bretoni, divisa in 5 dipartimenti, estesa su 34.023 km² e con 4.106.966 al 2005) dalla "Région Bretagne", 

che è una struttura amministrativa francese recente, ridotta a quattro dipartimenti, con l'esclusione del dipartimento della Loira Atlantica, facente parte della regione amministrativa Paesi della Loira, ma la cui popolazione preme per l'incorporamento nella Regione Bretagna.
Il nome Bretagna deriva da quello del popolo bretone, che vi si installò fuggendo dalla nativa Britannia. Difatti Britannia e Bretagna sono sinonimi. Per la precisione il termine deriva proprio dal termine gaelico che indicava l’insieme dei popoli di Albione, detti “Cruithne” (nel Celtico-Q) e "Prydyn" (nel Celtico-P); da quest'ultimo termine deriva quello di britanni e bretoni.
È composta da 4 dipartimenti: Côtes-d'Armor/Aodoù-an-Arvor (22), Ille-et-Vilaine/Ill ha Gwilen (35), Morbihan (56), Finistère/Penn-ar-Bed (29). Sono inclusi nella regione 15 arrondissement, 201 cantoni e 1270 comuni.


L'antico gelato aritzese ...



La Carapigna è un sorbetto al limone prodotto artigianalmente e si può
ipotizzare l’origine araba della tecnica di produzione che in seguito
vedremo, ma di certo è arrivata fino ad Aritzo – paese che meglio ha
intrapreso la tecnica di lavorazione e saputo catapultare in tutta l’isola la
squisitezza di questo sorbetto – tramite gli spagnoli. Dati certi97
testimoniano che ad Aritzo, a partire dal XVI secolo, si praticava l’incetta
della neve; essa veniva raccolta e conservata in montagna entro appositi
pozzi, domos de su nie (Case della neve) situati nei monti sopra il paese,
precisamente nella località nota Funtana Cugnada (1500 m s.l.m.) per
essere venduta poi – sotto forma solida di ghiaccio – nelle città nel
periodo estivo, ove veniva impiegata nella conservazione del cibo, la
refrigerazione delle bevande e anche per scopi terapeutici. Gli operai
addetti all’incetta si chiamavano Niargios mentre i ragazzi che dovevano
occuparsi del reperimento delle felci con cui foderare internamente is
domos de su nie, le neviere, in modo da assicurare l’isolamento termico,
venivano detti in origine muchachos de filixe e successivamente
picciocoso de filixe. Le maestranze che contribuivano a questa pratica
erano numerose e questo lavoro salariato e stagionale, nonostante fosse
molto duro, era molto atteso in quanto rappresentava una sicura fonte di
reddito. «Tra le pratiche che hanno contribuito a costruire il territorio e a
qualificare l’identità comunitaria dei suoi abitanti come montalgios,
montanari e biaxiantes cavallanti o viandanti girovaghi, vi è senz’altro
l’attività d’incetta e commercio della neve. […] L’etnonimo aritzesos ha
veicolato fino ai primi decenni del novecento in gran parte dell’isola, il
significato di merciai girovaghi di castagne e nocciole ma soprattutto di
97 AA. VV., La privativa della neve in Sardegna, Studi economici e giuridici pubblicati
per conto della Facoltà di Giurisprudenza, II, Cagliari, 1910, pp. 109 – 125.
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neve e carapigna, gelato rusticano confezionato usando il ghiaccio di
neve come refrigerante»98.
Esiste un’abbondante documentazione99 sul commercio della neve in
Sardegna, della quale sappiamo che nei primi anni del 1600, tre cittadini
Aritzesi si organizzarono per riuscire a vendere il ghiaccio oltre i confini
paesani. Risulta anche da un documento ufficiale dell’Archivio di Stato
di Cagliari che Gerolamo Pirella, Antonio Cuy Lay e Giovanni Bachisio
Fadda ottennero la «privativa della neve in Sardegna: il documento
certifica la nascita dell’arbitrio della neve, datato 1696 ma relativo ad
avvenimenti del 1636»;100 fu così che i tre ottennero l’esclusiva licenza di
vendita del prodotto. In seguito i tre imprenditori ottennero dal monarca
Filippo IV anche la possibilità di poter approvvigionare la città di
Cagliari, dopo il versamento di una consistente somma di denaro,
ottennero la privativa per tutta la vita. Probabilmente in occasione della
frequentazione dei palazzi della nobiltà spagnola a Cagliari, dove erano
costretti a recarsi per il trasporto del ghiaccio proveniente dalle nevi
conservate in montagna, i discendenti di tali imprenditori carpirono il
segreto della preparazione della spagnola “garapiña”101.
Col tempo, oltre al commercio del ghiaccio, molti aritzesi intraprendono
il mestiere di Carapignerisi, cioè la produzione della carapigna in giro
98 Armando Maxia, Dal Villaggio alla Selva, l’umanizzazione dello spazio in una
comunità agro – silvo – pastorale della Barbagia, Quaderni del Museo Etnografico di
Aritzo n. 1, Palermo, 2003, p. 119
99 J. Armanguè i Herrero, (a cura di), L’acqua nella tradizione popolare sarda, edizioni
grafica del Parteolla, Cagliari 2002, pp. 133 – 141.
100 Pierpaolo Filigheddu – Luisa Gasperini – Piero Marcialis, La Carapigna, granita di
Aritzo, primi risultati di una ricerca etnografica, estratto da Studi Sardi, XXIX,
Cagliari, 1990/91, pp 465 – 517.
101 Nell’archivio digitale dei dizionari di lingua spagnola dal 1992 ai giorni nostri,
messi a disposizione dalla Real Academia Española nel sito web www.rae.es, il termine
garapiña ha, tra le varie accezioni, questo significato: «estado del liquido que se
solidifica formando grumos; las porciones, pequeñas de lo liquido cuando esta’ helado,
o naturalmente, o por el artificio de la nieve o hielo». Stesso risultato quindi della
lavorazione della Carapigna aritzese; anche uno degli utensili, “Sa Carapignera”,
corrisponde alla definizione fornita dal dizionario digitale spagnolo: «garapiñera: vaso
de cobre, estaño, u otro metal, muy ancho de vientre, con su cuello y tapa, que sirve
para helar y garapiñar los licores y bebidas».
Il giornalista spagnolo Andrès Campos, il 25 aprile 2009 ha realizzato un articolo per la
rubrica El viajero del quotidiano spagnolo El pais, intitolato Granizado de Murcia;
dove descrive la pratica di conservazione della neve nella Comunità Autonoma di
Murcia, in Spagna, e inoltre spiega come viene realizzato il granizado, sorbetto simile
alla carapigna.
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per la Sardegna, sia nel periodo estivo ma anche durante le feste paesane
in periodi autunnali. La bevanda che ancora oggi abbiamo la fortuna di
poter degustare è realizzata con l’utilizzo di tre strumenti particolari: un
barilotto di legno Su Barrile, in cui viene messo il ghiaccio commisto a
sale, necessario ad abbassare il punto di congelamento; un cilindro Sa
Carapignera, che prima era di stagno, oggi invece di alluminio, dotato di
un coperchio con manico in cui viene messo il composto, una miscela di
acqua, succo di limone e zucchero, quest’ultimo risulta fondamentale
nella cristallizzazione e come anticongelante; un mestolo di legno o
metallo per rimestare il composto e servirlo.

venerdì 14 settembre 2012


Florence!

Itinerario interno Borgo ...


ITINERARIO – INTERNO BORGO

Viaggio all’interno del piccolo borgo montano ai piedi del Gennargentu. Un breve ma intenso percorso che ci immerge nella storia e nelle tradizioni millenarie delle genti montane.

Ecomuseo della Montagna Sarda e del Gennargentu – Carceri Spagnole Sa Bovida – Casa Padronale Devilla - Chiesa San Michele Arcangelo – Chiesa Sant’Antoni de Giaria – Murales in onore di Bachis Sulis – Casa del Pittore Mura – Murales in onore della Carapigna – Sa Omo ‘e Geppinu.

Paese: Aritzo (NU) – 796 m s.l.m.
Contesto: centro abitato
Percorso: 3 Km circa
Durata: 2h circa

Partenza dall’ufficio turistico in Corso Umberto I, 55 – direzione
1 - Ecomuseo della Montagna Sarda e del Gennargentu. Custodisce un ricco patrimonio etnografico che documenta la cultura popolare della Barbagia. Sono circa 4000 gli oggetti esposti che raccontano il lavoro di pastori, contadini, artigiani e attività femminili legate alla conduzione della casa. Unico nel suo genere è il settore riservato alla Carapigna, un sorbetto al limone che gli aritzesi preparavano con la neve ed esportavano in tutta la Sardegna soprattutto in occasione delle sagre. (Ingresso al Museo € 2.00, compreso visita Carceri e Casa Padronale – orari estivi 10-13 / 15-19; orari invernali 10-13 / 15-18). Dall’Ecomuseo, percorrendo Via Marconi, ci si muove direzione
2 - Chiesa Campestre di Sant’Antoni ‘e Giaria parrocchiale dedicata a S.Antonio da Padova, che sorge nel quartiere basso del paese noto come Giaria. Risalente probabilmente al XV o al XVI secolo, ha subito nel tempo vari rimaneggiamenti; di linee molto semplici, all’esterno si presenta con la solita facciata a capanna sormontata da un campanile a vela in pietra a vista. Ai lati vi sono due piccoli loggiati mentre all’interno spicca un bell’altare ligneo del ‘600 recentemente restaurato. Apre le porte ai fedeli soltanto in occasione della “tredicina”, che ha il suo culmine con la festività del 13 Giugno. Le funzioni sono particolarmente interessanti per i “Gozos” e i “Goccios”, i canti in dialetto locale in onore del santo, composti nel 1600 e giunti fino a noi pressoché immutati. Ripercorrendo in salita il tratto di strada e proseguendo per la via Marconi, poco distante vi è la scalinata che ci congiunge con
3 – Vecchie Carceri Spagnole “Sa Bovida” appartenenti al sistema di reclusione presente in Sardegna tra il XIV e il XVI secolo. Non si sa con precisione la sua origine ma possiamo inquadrare la struttura al periodo della Sardegna Giudicale (1400) come prigione della curatoria della “Barbagia di Belvì”. Struttura vecchia e massiccia, ubicata a ridosso del centro storico, singolare forma di mura possenti costruite in pietra con malta di fango e calce. Dall’arco a sesto acuto che mette in comunicazione la parte bassa del villaggio con la parte alta deriva il nome, di origine spagnola, Sa Bovida (volta). Dotata di 2 celle femminili, 1 maschile (a cui si accede tramite una botola) e 1 dormitorio, la prigione aritzese mantenne una certa importanza fino al XIX secolo, rimanendo in funzione come carcere mandamentale fino al 1936. Attraversando Sa Bovida e raggiungendo la parte alta del paese, ci ritroviamo subito a contatto con
4 – Chiesa patronale di San Michele Arcangelo di stile gotico aragonese/pisano XIV-XV sec. L’edificio originario, di modeste dimensioni potrebbe risalire addirittura al XI secolo. Probabilmente raso al suolo prima della successiva ricostruzione, considerando che le ultime tracce vennero definitivamente cancellate durante i lavori di restauro che ebbero termine il 30 settembre 1919. Sobria ed elegante nelle sue linee architettoniche col suo bel campanile, la composta facciata e le finestre a strombo armoniosamente distribuite lungo le navate. Sopra il portale d’ingresso si può ancora intravvedere l’affresco del santo, opera del pittore Ghisso di Cagliari. Da notare, agli interni, la presenza di due sculture lignee scolpite con la tecnica dell’Estofado de Oro sviluppatasi in Spagna nei secoli XVI e XVII dove la superficie del legno intagliata viene ricoperta da uno strato di foglie di oro zecchino e poi ridipinta con i colori a tempera. Nella parrocchiale di Aritzo si trovano due statue decorate con questa particolare tecnica: il San Cristoforo (A. Gallo – 1606)  e il San Michele Arcangelo (maestri di bottega napoletana – XVII) patrono del paese. Non appena si supera la Chiesa di San Michele, sempre percorrendo il Corso Umberto I, sulla sinistra ecco il
5 – Murales in onore di Bachis Sulis, poeta bandito.  Nato ad Aritzo nel 1795, studente nel capoluogo sardo successivamente rientrato al paese per intraprendere il mestiere di insegnate, a soli 23 è costretto alla latitanza per una ingiusta accusa di tentato omicidio. La sua vita da latitante dura ben 12 anni e a causa di ciò è considerato il Poeta bandito di Barbagia. Bachisio Sulis fu un uomo colto e le sue poesie sono ricordate come  vere e proprie denunce contro il potere e il clero. Dopo la sua morte la sua corposa opera andò quasi del tutto distrutta a causa della sorella che, istigata dai preti del paese, diede fuoco ai diversi manoscritti. Scrisse anche toccanti poesie d’amore dedicate alla sua amante che, per mille vicissitudini non poté mai avere come sua sposa. Bachis Sulis morì nel 1838 all’età di 43 anni ucciso da un colpo di fucile esploso da dietro una siepe. Proseguendo l’itinerario, a 200 m sulla sinistra sempre nel Corso Umberto I, ci troviamo un altro
6 – Murales che ritrae gli artigiani della “Carapigna” l’antichissimo sorbetto, tipico del paese di Aritzo, come già descritto e illustrato presso l’Ecomuseo. Risalente con probabilità ai primi anni del 1600 risulta essere una soluzione di acqua, zucchero e limone che viene lavorata con particolari utensili, tutta a mano, con tecniche inalterate da ormai quattro secoli. Fronte al murales, ci si imbatte con il maestoso edificio del
7- Castello Arangino costruito nel 1917e appartenuto all’omonima famiglia, situato lungo la via principale del paese rientra nel modello di tipo medievale (neogotico), ampiamente diffuso nelle abitazioni signorili e nelle ville costruite nel XIX e XX secolo. Si tratta di un elegante palazzo in pietra, con eleganti interni arricchiti da splendidi arredi e decorazioni ornamentali. L’ingresso è costituito da un elegante arco a sesto acuto chiuso da un bel cancello in ferro battuto che immette all’atrio scoperto. Sul lato destro è visibile un elegante balcone con copertura in tegole. All’interno del cortile è posta una scalinata che conduce al palazzo, provvisto di aperture ad arco acuto e con terminale arricchito da eleganti merli. All’interno sono presenti anche decorazioni dipinte a stucco. Un tempo dietro l’edificio, si apriva un parco con interessanti specie botaniche, ora smembrato e venduto per essere lottizzato. Dal castello si prosegue per le vie interne del paese per raggiungere
8- Sa Omo ‘e Maria Frau de Geppinu classica casa montana con balcone ligneo, diffusissima pratica di costruzione utilizzata in Barbagia fino a poco tempo fa. Di probabile impronta toscana, del periodo medievale, si diffuse nelle zone montane ricche di legname. Grazie all’abbondanza del castagno (che si presta tantissimo a questo tipo di lavoro), Aritzo ne ebbe tantissimi e variegati particolari come l’esemplare in questione. Proseguendo la Via Bachis Sulis all’interno dei viottoli di Bijinau ‘e Susu ci dirigiamo verso la


9 – Casa Padronale Devilla, complesso architettonico che conserva intatto il nucleo originario che può essere datato intorno al XVII secolo che rispetta i canoni della tipica casa di montagna del Gennargentu, dalla vecchia balconata in legno, sostituita al piano terra dal portico e al piano superiore da un corridoio chiuso. Si conservano ancora le bellissime doppie mensole in legno intagliato. Al piano terra cortile pavimentato con antico ciottolato in pietra locale contornato da un portico con le arcate aperte che corre sui tre lati dai quali si accede ad ambienti posti a quote diverse. Nella zona notte, la parte più antica della casa, le cinque camere da letto. Il secondo piano ed il sottotetto accolgono gli ambienti utilizzati un tempo dalla servitù ed altri adibiti a ripostiglio. Gli ambienti sotto le arcate coperte erano in passato adibiti alla trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli. Attualmente Casa adibita a museo. Prima di far rientro al punto di partenza, a pochi metri di distanza raggiungiamo la
10 – Casa del Pittore Antonio Mura, vecchia casa su due livelli, costruita intorno ai primi anni del ‘900 residenza del pittore Antonio Mura, che fece la sua fortuna di artista tra Aritzo, l’isola e il continente. Pittore ed incisore tra i migliori artisti sardi del ‘900, si distinse nell’esecuzione di opere sacre. Dei tanti realizzati si ricorda quello eseguito a Roma nel 1937 a cardinale Pacelli (poi Papa Pio XII). Realizzò anche una ventina di Pale d’altare tra il 1942 e il 1970 che si trovano in varie chiese in Sardegna e a Roma. Come pittore il suo nome in Sardegna è legato alla Basilica di NS di Bonaria di Cagliari, per la quale realizzò sei pale d’altare. Dalla Casa del Pittore Mura si rientra verso l’ufficio Turistico (50 m circa) per la conclusione dell’itinerario.
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Contaminazioni ...


Fenomeni, eventi e scambi culturali ibero – barbaricini.
Da sempre ritenuta una delle zone più impervie ed inaccessibili dell’isola già dai tempi della dominazione Punica, documentata dai Romani come zona di battaglia e di difficile penetrazione, anche all'occhio dei conquistadores spagnoli, la Barbagia[1] si pone come arduo e inconquistabile territorio.
Forse mitologia, frutto di quella “tradizione orale” che nell’isola coinvolge a dismisura le masse popolari, forse una sorta di “strumentalizzazione storiografica” effettuata dal governo sabaudo volta a denigrare i quattro secoli di presenza iberica, fino ai primi del Novecento, la dominazione, ma soprattutto l’interscambio degli spagnoli con le zone dell’interno veniva tralasciato o tenuto nascosto; e tradizione popolare vuole, che sia degli spagnoli il detto più famoso nei confronti della presunta disomogeneità delle genti isolane: «Pocos, locos y mal unidos»[2].
Per fortuna, grazie all’evoluzione delle Università sarde, la presenza sempre più grande di menti attive nell’isola, e l’avvento della modernità e della ricerca storico-scientifica si è arrivati a riclassificare e valorizzare il contatto, l’interscambio, il compendio di tutte le tracce che tutt’ora formano un continuum tra le genti spagnole e le genti sarde delle Barbagie. A partire dagli anni Sessanta, diversi ricercatori hanno cominciato a riscrivere la storia della Sardegna ispanica con la dovuta obiettività d’analisi e con «una visione dei problemi che guarda al di là del mare»[3]. La successiva “scoperta” della documentazione degli archivi di Barcellona e di Simancas[4], una documentazione straordinaria per qualità e quantità ma sino ad allora ignorata a causa dell’isolazionismo della Spagna franchista[5] e del “localismo culturale” degli studiosi sardi, ha consentito specialmente a dei pionieri come Alberto Boscolo e Francesco Loddo Canepa[6] d’avviare un sostanziale rinnovamento dei contenuti della ricerca storica regionale.  Grazie a studiosi quali Francesco Manconi, Joaquìn Arce, Luigi Spano, Francesco Alziator, Francesco Cesare Casula, Jordi Carbonell, Giulio Paulis e tanti altri; si è arrivati ad un ottimo livello di analisi storiografico-scientifico che propone a grandi caratteri, costruiti con solide basi, quanto è stato della Sardegna Spagnola e ciò che la Sardegna ha proposto come contropartita, seppur obiettivamente inferiore, insieme al “congegno magico” che forma una sorta di continuità che strettamente lega l’animo delle due terre, riguardante diversi tratti e diverse composizioni della società. Scrive Manconi: «il profondo radicamento della tradizione ispanica, specialmente di matrice catalana, non riguarda soltanto le classi alte, la nobiltà ed il clero. Anche i ceti popolari sono profondamente influenzati dalla secolare appartenenza all’orbita della civiltà iberica. Non solo la cultura popolare e la pratica religiosa, ma anche le consuetudini della vita civile ed economica conservano tracce profonde della “spagnolizzazione” della Sardegna»[7].
Non a caso «nella non ricca ma significativa letteratura di viaggio di Catalani in Sardegna fra Ottocento e Novecento è ricorrente l’espressione di stupore, di sorpresa gradita, per intellettuali come Eduard Toda y Guell e Ramon Violant y Simorra, di fronte a una continua scoperta di analogie, di “eguaglianze”, di prestiti, di influssi inequivocabili della civiltà catalana nella realtà della Sardegna, non soltanto a Cagliari e ad Alghero, ma soprattutto nei più appartati villaggi dell’interno e della montagna»[8].
Muovendo da queste significative considerazioni, per l’elaborazione di questa tesi ho rivolto l’attenzione e il mio interesse verso alcune località che durante l’epoca spagnola hanno rivestito un’importanza chiave per la Corona d’Aragona prima e per i Re Cattolici poi, mettendone in luce le “tracce principali”.
Prima di proporre il prospetto dei Centri Urbani in questione, descrivo – seguendo l’impostazione adottata negli studi dal prof. Alziator e dal prof. Joaquin Arce nelle rispettive pubblicazioni[9] – la classificazione generale per ambiti e categorie, nei quali si fa il punto della situazione.

F.M.

[1] Leggendario nucleo della Sardegna più selvaggia, la regione della Barbagia deve il suo nome ai Romani, che la chiamarono Barbaria perché inconquistabile. Si distende tra Nuorese e Goceano a Nord e Gennargentu e Mandrolisai a Sud, spartendosi nelle zone di Ollolai, Belvì, Bitti e Seùlo. All’interno di essa i paesi presi in analisi in questa ricerca: Aritzo e Meana Sardo (Barbagia di Belvì), Atzara (Barbagia Mandrolisai) Laconi (al confine tra Barbagia e Sarcidano) e Seui (Barbagia di Seulo).
[2] Noto detto ricorrente in Sardegna attribuito ai conquistadores spagnoli dalla tradizione orale.
[3] Francesco Manconi, Introduzione in Francesco Manconi (a cura di), La società sarda in età spagnola, Cagliari 1992.
[4] Comune spagnolo di 3.952 abitanti situato nella comunità autonoma di Castiglia e León. Simancas fu sede dell'Archivio di Stato istituitovi dall'imperatore Carlo V e dal suo potentissimo segretario Francisco de Los Cobos nel 1540. La scelta di Simancas fu determinata dalla sua vicinanza a Valladolid allora capitale amministrativa della Castiglia.
[5] Fu il regime politico dittatoriale instaurato in Spagna nel 1939 dal generale Francisco Franco e durato fino alla sua morte, avvenuta il 19 novembre 1975. La Guerra civile spagnola terminò ufficialmente il 1 aprile 1939, giorno in cui Franco annunciò la fine delle ostilità, con la sconfitta della Repubblica.
[6] Alberto Boscolo (Cagliari, 1919  Roma, 1987) è stato uno storico italiano studioso in particolare della Sardegna medievale. Laureatosi nell' Università di Cagliari, diventò assistente nella Facoltà di Lettere. I suoi interessi furono subito indirizzati allo studio dei rapporti tra Sardegna e Spagna, e in particolare al periodo giudicale e aragonese e su queste tematiche, che continuerà ad approfondire per anni, diventerà una sorta di capo scuola. Francesco Loddo Canepa fu uno storico e alto funzionario di Stato. Nacque a Cagliari nel 1887. Si laureò in giurisprudenza nel 1909. Assunto nell'Amministrazione degli archivi di stato di Torino, conseguì nel 1914 il diploma in paleografia ed archivistica. 
[7] Francesco Manconi, La società sarda in età spagnola,Cagliari, 1992, Introduzione..
[8] Francesco Manconi, L’eredità culturale, in Jordi Carbonell, I Catalani in Sardegna, Pizzi, Cinisello Balsamo (MI), 1984, p 217.
[9] Francesco Alziator, Il folklore sardo, La Zattera, Cagliari, 1957; Joaquin Arce, La Spagna in Sardegna, Cagliari, T.E.A., 1982.

Km. O - Origen de las carreteras radiales (MADRID)

Posta sulla pavimentazione della Porta del Sol la placca del "chilometro zero" di Madrid è una delle attrazioni più simpatiche e significative della città riportante la scritta "origen de las carreteras radiales".
E' facilmente raggiungibile a piedi o con la metro fino all'omonima fermata di Puerta del Sol.
Da questo punto partono e sono misurabili tutte le diramazioni delle città spagnole e tradizione vuole che allo scoccare della mezzanotte del 31 Dicembre in questa piazza sia di buon auspicio mangiare 12 chicchi d'uva al rintocco delle lancette.

giovedì 13 settembre 2012


Villasimius - Veduta dal Porto
Kekko - giugno 2011

Introduzione
… corso di Laurea in Operatore Culturale per il Turismo, classe di Laurea in Scienze del Turismo numero trentanove, Università degli studi di Cagliari, facoltà di Lettere e Filosofia.
Chiaro e diretto come annuncio, che trovai grazie all’aiuto di un motore di ricerca, mentre navigavo sul web, alla ricerca del corso di laurea per me ideale per il proseguo degli studi. Da sempre affascinato dal mondo del turismo, dei grandi viaggi, mi sono avvicinato, grazie a tantissime letture e visite dal vivo, a quel grandissimo, immenso patrimonio storico – culturale che la Sardegna possiede. Cinquemila anni di storia, a quanto pare. Mentre dal punto di vista degli studi storico letterari possiamo adesso contare su una vasta bibliografia; non si può dire lo stesso della proiezione di questo patrimonio sotto un punto di vista di fruizione turistica.
Ecco perché, a parer mio, si può definire questo patrimonio culturale come “nascosto”, “sconosciuto”, anche da diversi abitanti dell’isola stessa.
Detto questo, dopo aver sostenuto e superati i vari esami proposti dal piano di studio del corso, mi sono trovato di fronte alla scelta di quale argomento portare all’attenzione della commissione esaminatrice della prova finale; ed ho optato per una sorta di ricerca scientifica, eseguita nei territori della Barbagia di Belvì, di Seulo e del Mandrolisai 1 comprendente i paesi di Aritzo – Atzara – Laconi – Meana Sardo – Seui; mettendo in risalto i legami e la continuità storica che accomunano la nostra isola e in particolare i suddetti luoghi, con la penisola Iberica; tutto ciò che la presenza Catalano Aragonese ha creato come forma di sviluppo culturale.
La materia di svolgimento è Letteratura Spagnola 2, scelta come base per poter lavorare alla ricerca, anche perché ritengo che il periodo di dominazione catalano – aragonese nell’isola (nonostante le varie contraddizioni di cui tutt’ora si sente parlare) sia stato probabilmente il più impellente e determinante nella storia culturale dell’isola. Tant’è che tutt’ora permangono evvidentissimi fattori culturali e non che sono spagnoleggianti; più di quanto la cultura italiana, in 150 anni di appartenenza ad essa abbia trasmesso.
<< La Sardegna, […] in termini tecnici, manca del passer italiae e abbonda del passer hispanolensis >> 3; così Joaquin Arce 4, nel suo ‘Espana en Cerdena’, tesi di dottorato effettuata e poi discussa nell’isola dove annota gli apporti culturali e testimonianze dell’influenza iberica nell’isola.
La ricerca riguarda in particolare i seguenti ambiti:
·         Notizie storico – sociali;
·         Arte
·         Architettura
·         Pittura
·         Gastronomia
·         Tradizioni Popolari
Ogni paese è presentato come una seria analisi e si propone come oggetto di fruizione turistica. L’obiettivo dichiarato di questa tesi, infatti, è fornire materiale a sufficienza per la costruzione di un futuro “Parco Culturale” con all’interno itinerari turistico – culturali, con tema principale proprio la cultura in comune tra Sardegna e Penisola Iberica; così da poter utilizzare il territorio come risorsa turistica; attraverso le nuove forme di turismo che si discostano dal turismo balneare, proposto e riproposto nell’isola, che sono quelle legate all’Heritage Tourism 5.
Prima di arrivare al risultato finale della ricerca ho ritenuto opportuno dedicare il primo capitolo alla storia della dominazione catalano – aragonese in Sardegna; fin dall’arrivo, a tutti gli eventi storici che ne seguirono, fino alla fine del regno e il passaggio ai Savoia.
La Tesi è successivamente articolata nel secondo capitolo che descrive tutte le forme possibili di fruizione turistica dei beni culturali, dal punto di vista dei parchi culturali, letterari e tematici, con alcuni esempi di essi e con le normative italiane ed europee in materia. Il terzo capitolo, che precede le conclusioni, riguarda il fulcro della ricerca, il lavoro pratico di analisi effettuato nei paesi precedentemente elencati.
Il tutto, con la speranza che un giorno il patrimonio storico – culturale dell’isola venga valorizzato come merita d’essere. 

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1 Barbagia di Belvì, Barbagia di Seulo e Barbagia del Mandrolisai, sono tre sub regioni del centro Sardegna; di cui fanno parte diversi paesi della Provincia di Nuoro e della Provincia di Cagliari.
2 Insegnamento impartito dalla Prof.ssa Tonina Paba, docente associato anche di Letteratura sardo – ispanica, presso la facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari.
 3 Joaquin Arce, Espana en Cerdena, apporti culturali e testimonianze della sua influenza. Editrice T.E.A., Cagliari, 1981, p.18
4 Docente e scrittore spagnolo, nato a Gijon, nelle Asturie, nel 1923; già cattedratico di lingua e letteratura italiana nell’Università di Madrid, Presidente dell’Associazione italianisti in Spagna e vicepresidente dell’Associazione Internazionale per gli Studi di Letteratura e Lingua Italiana. Lo scritto principale che propone il lavoro di Arce per la Sardegna, risulta essere “Espana ec Cerdena”, Apporti culturali e testimonianze della sua influenza, pubblicato per la prima volta a Madrid nel 1960, ma precedentemente Premio Menendez Pelayo nel 1956 come tesi di Dottorato all’Università di Madrid.
5 Particolare nuova forma di turismo culturale di origine anglosassone, oggi in rapida espansione, Eredità come Patrimonio Turistico.
Prima di arrivare al risultato finale della ricerca ho ritenuto opportuno dedicare il primo capitolo alla storia della dominazione catalano – aragonese in Sardegna; fin dall’arrivo, a tutti gli eventi storici che ne seguirono, fino alla fine del regno e il passaggio ai Savoia.
La Tesi è successivamente articolata nel secondo capitolo che descrive tutte le forme possibili di fruizione turistica dei beni culturali, dal punto di vista dei parchi culturali, letterari e tematici, con alcuni esempi di essi e con le normative italiane ed europee in materia. Il terzo capitolo, che precede le conclusioni, riguarda il fulcro della ricerca, il lavoro pratico di analisi effettuato nei paesi precedentemente elencati.
Il tutto, con la speranza che un giorno il patrimonio storico – culturale dell’isola venga valorizzato come merita d’essere.